"salve del ciel Regina,
sul capo una corona,
Monasterace Marina,
fidente in te ti dona
Mentre a te sale un palpito
di mille e mille cuori
O Madre di Portosalvo
prega per noi Gesù.
Speranza tu dei miseri
rifugio ai peccatori
a te sono rivolti i gemiti
di tutti i nostri cuori
Sempre a te sale il cantico
dei monasteracesi in coro
O madre di Portosalvo
prege per noi Gesù."



domenica 28 settembre 2008

appuntamenti mese di ottobre

PRIMA DOMENICA- Benestare FESTA DI MARIA SS DEL ROSARIO


ULTIMA DOMENICA-Sant'ilario dello jonio FESTA PATRONALE DI SANT'ILARIONE ABATE

martedì 16 settembre 2008

MARIA SS DELLE GRAZIE


sale l'attesa per l'annuale celebrazione festiva di MARIA SS DELLE GRAZIE a San Giovanni di Gerace che si venera come da tradizione la terza domenica di settembre.La festa è molto sentita da tutto il popolo di San Giovanni, ma anche dalla gente del comprensorio, alla Madonna delle Grazie, si attribuiscono miracoli e grazie che nel corso dei secoli hanno reso il suo culto di fama nazionale, in quanto il suo santuario di origine medievale(all'epoca una cappella campestre) rifatto prima nel seicento, e poi a fine ottocento fino alla sua consaccrazione del 1904,è META DI NUMEROSI PELLEGRINAGGI, CON PELLEGRINI PROVENIENTI DA TUTTA ITALIA. è UN MOMENTO ATTESISSIMO, per ogni SANGIOVANNESE che ogni anno rinnova le sue emozioni, affida le sue speranze e aspettative, e dona i suoi dolori alla Madonna, il cui simulacro ligneo ispira un'immensa fiducia.come lo è a monasterace, e in tutti i paesi che festeggiano la Vergine Santa, la MADRE DI DIO in San Giovanni non è solo la protettrice la cui preghiera incessante vigila sulle vicende dell' intero paese, ma è l'amica, la madre, "la concittadina" di ogni Sangiovannese che a lei si affida ogni giorno. per maggiori dettagli sulla festa e sul paese visitate il sito
http://www.sangiovannidigerace.com/

domenica 7 settembre 2008

IL MIRACOLO DI MARIA SS DELLA MONTAGNA A TAURIANOVA


La Santa Vergine occupa un ruolo di prim'ordine nella pietà popolare calabrese. Nel Comune di Taurianova, sotto diversi titoli, è presente o è Patrona sia al Centro che nelle Frazioni: Maria SS. della Montagna a Radicena, la Madonna del Carmine a Iatrinoli, la Colomba a S. Martino e l'Immacolata ad Amato. Come nel cuore dell'Aspromonte (v. "La Madonna di Polsi"), anche nella nostra Piana, il culto di Maria SS. della Montagna rimane l'atto più solenne di ogni credente. Maria, madre amorevole e premurosa, non delude mai le attese dei suoi fedeli ma ne accoglie le istanze e assicura la sua incondizionata protezione: "Ad Jesum per Mariam!". Nelle grandi calamità pubbliche, come l'invasione dei Saraceni che affliggevano nel secolo XII le nostre contrade e quelle della vicina Sicilia, non è mai mancato il celeste conforto della Vergine di Polsi, il cui Monastero si registra sempre nello stesso luogo: la prima menzione nei documenti vaticani ricorre nella decima di Papa Bonifacio VIII (1294 - 1303). Per quanto ci riguarda più da vicino, molto suggestiva è la storia relativa a Maria SS. della Montagna di Taurianova. Ordinata da un certo Don Vincenzo Sofia - benestante del luogo - per sciogliere un voto, l'effigie venne scolpita nel 1787 da Michele Salerno di Serra San Bruno con bottega a Napoli. Sistemata - quindi - dentro una cassa sopra un bastimento in partenza per Gioia Tauro, nel golfo di Salerno fu colta da una violenta tempesta. Vani furono i tentativi dei marinai, ignari del prezioso contenuto, di sbarazzarsi del carico per alleggerire la nave ed evitare di andare a fondo. Nel contempo un marinaio scorgeva, alta sul ponte, una signora con le braccia alzate nell'atto di placare gli elementi. Poco dopo, come per incanto, le onde cessarono e arrivati a Gioia Tauro, dove il Sofia l'attendeva, la cassa fu aperta. Incredibile ma vero, quel marinaio riconobbe nella statua della Madonna la signora intravista sul ponte. Fu così che i Radicenesi sentirono la necessità di sostituire la miracolosa immagine con quella più antica offerta e importata da Capistrano nel 1763 dall'Arciprete Don Domenico Antonio Zerbi. La Chiesa parrocchiale già sotto il protettorato di S. Maria Ambasiade e poi sotto quello di S. Maria delle Grazie, aveva finalmente la nuova Patrona. Si giunse così alla sera del 9 settembre 1894 allorquando un certo Ambrogio Incarnato, negoziante napoletano, sul finire della festa, nel contemplare in chiesa il volto della sacra immagine, si accorse che gli occhi di Maria si muovevano con singolare vivacità. Impressionato del fenomeno, richiamò l'attenzione degli astanti i quali gridarono subito al miracolo. La Madonna, che continuava a muovere le divine pupille, fu portata quindi in solenne processione per le vie cittadine. Ma le sorprese non erano finite e un nuovo prodigio si rivelava ai fedeli: in mezzo alla luna alta nel cielo era apparsa - visibilmente a tutti - una grande croce luminosa, come accadde a Costantino prima della battaglia sul Ponte Milvio.

Era un segno eloquente della protezione divina dai disastri tellurici che da lì a poco, alle ore 20 del 16 novembre, si sarebbero verificati. La città, contrariamente a quanto accadeva nei paesi vicini, non riportava vittime. Il popolo ha voluto ricordare quel prodigio con il canto che segue, definito appunto "Il Miracolo", da noi pazientemente rielaborato. Sono diverse, infatti, le versioni pervenuteci - in lingua e in vernacolo - e numerose sono le lacune riscontrate (comprese quelle grammaticali) che non si possono del tutto eliminare.


Al novantaquattro il primo miracolo,

al nove settembre un grande spettacolo:


all'otto di sera nel tempio santo,

scena terribile e dirotto pianto.


Spaventa il popolo che allora si prostra

cercando grazie alla Montagna nostra.


- Calma, Montagna, Tu l'ira di Dio,

perdona il popolo perverso e rio.


Siamo tuoi figli, o Madre serena:

proteggi il popolo di Radicena;


siamo noi tutti cuori dannati:

vi è molto scandalo, enormi peccati.


Guarda, Montagna, che Sei protettrice,

il popolo Tuo fu sempre felice! -


La banda suonava con tanta allegrezza,

il popol piangeva di tenerezza.


Eran radunate seimila persone,

tutte gridavano: - In processione! -


- Vieni, Montagna, gira il paese! -

Seguono tutti con candele accese.


Quando la Vergine usciva di porta

con gli occhi amabili sembrava morta.


La guarda il popolo con fede magna:

- Non Sei Tu forse la nostra Montagna.


Come Sei pallida, o Stella del mare,

forse Tuo Figlio ci vuol fulminare?


Prega Tuo Figlio, o Madre serena,

implora perdono per Radicena! -


Si parte Maria in processione,

mentre Suo Figlio le grazie dispone.


Cercano grazie gli Jatrinolesi:

- Vieni, Montagna, al nostro paese! -


I deputati benigni e pazienti

scendon la Vergine a contentar la gente.


Dinanzi la Chiesa, riposta a quel monte,

la pallida luna risplende di fronte.


Oh quanto spavento e terribili voci ché

in mezzo alla luna compare la Croce!


Piccoli e grandi, battendosi il petto:

- Prega, Tu Vergine, il Figlio diletto;


fummo manchevoli e lo confessiamo,

son veri miracoli e Ti adoriamo! -


Si volta Maria di fronte alla luna,

sparisce la Croce, il cielo s'imbruna.


Quei protestanti facendo i ribelli:

- Calma, Tu Vergine, questi flagelli! -


Quando Montagna va a Radicena,

il popolo tutto è senza lena.


Arriva Maria nel tempio santo

e tutto il popolo è in grande pianto.


Prostrati tutti in quel momento,

la faccia in terra e pieni di spavento.


Al nove ottobre un'altra tempesta:

il popolo vuole la seconda festa.


E così, infatti, ognun s'è tassato

per come poteva, secondo il suo stato


Con bande e bandiere si gira il paese,

il popolo tutto accetta le spese;


il sindaco Zerbi coi suoi deputati,

tutti di cuore le hanno accettate.


Quel nove ottobre si fa grande festa

con banda militare e grande orchestra.


Sparano fuochi in abbondanza,

l'onore più bello alla fratellanza.


Gli Jatrinolesi, lodando Maria,

portano banda e lumi in ogni via.



Voi fortunati, o Radicenesi,

la bella Montagna dal Cielo discese.



Mostrando prodigi in quel Monte santo,

chiama noi figli sotto il Suo bel manto.



Voi se vorrete, o figlie amorose,

al monte portate i gigli e le rose.



Si fa gran festa con pompa e allegria

e il popolo grida: - Evviva Maria! -


la festa porta migliaia di fedeli che ogni anno si recano in pellegrinaggio per ricordare tale evento, e ringraziare la vergine santa delle grazie ricevute e della sua materna protezione che su tutti.



l'articolo è stato tratto dal sito http://www.brutium.info/storia/storia12.htm





martedì 2 settembre 2008

Mammola si prepara a festeggiare SAN NICODEMO



VITA DI SAN NICODEMO ABATE BASILIANO
Teofane e Pandia furono i genitori di Nicodemo, che nacque a Cirò (Catanzaro) nei primi anni del X secolo, lo affidarono alla cura spirituale di un pio e dotto sacerdote, Galatone, contemporaneamente il ragazzo progredì nelle scienze sacre e nella pietà. Da giovane poté vedere il comportamento licenzioso di alcuni suoi contemporanei, che lo disgustarono, cosicché sentì maggiormente l’attrazione per la vita monastica, che veniva professata nel secolo X, da quegli asceti con fama di santità, nella zona del Mercurion, sulle balze del Pollino in Calabria. Lasciata Cirò, andò a chiedere l’abito monastico all’austero abate s. Fantino, ma gli fu rifiutata più volte questa richiesta, perché non veniva ritenuto adatto a quella vita di studi, penitenze e mortificazioni, vista la sua gracile costituzione fisica. Deluso ma non convinto, insisté tramite i buoni auspici di altri monaci, finché s. Fantino commosso dalle sue insistenze, gli concesse l’’abito angelico’, così chiamato tra i monaci greci di quel tempo. Nicodemo divenne insieme a s. Nilo di Rossano, esempio splendente di vita ascetica del Mercurion, cresciuti e formati tutti e due alla rigida scuola dell’abate s. Fantino; essi accomunati ad altri santi monaci calabro-siculi resero famosa in tutta la Cristianità la loro Comunità, al punto che Oreste, patriarca di Gerusalemme la descrisse elogiandola, nei suoi autorevoli scritti e biografie. Il tipo di vita praticato è impensabile ai nostri giorni, ma costituiva il perno dell’ascesi, insieme alla purezza, dei monaci calabro-siculi di quell’epoca; vestiva con una pelle di capra, andava a piedi nudi in ogni stagione, dormiva su paglia in una grotta, mangiava castagne e lupini. In età abbastanza matura, decise di lasciare il Mercurion e si ritirò in un eremo del Monte Cellerano nella Locride, ma la fama di santità che lo seguiva, attirò molti monaci che gli si affidarono e quindi Nicodemo si vide costretto a fondare una laura, cioè una colonia di anacoreti, vivendo divisi, ognuno in una capanna e riunitasi una volta la settimana, più tardi il termine designerà un grande convento. La sua laura fu visitata anche da s. Fantino e altri monaci del Mercurion; purtroppo però era troppo esposta alla curiosità dei fedeli e soprattutto alle scorrerie dei Saraceni, per cui prevedendone la distruzione, disperse i monaci in altri monasteri e lui si ritirò presso Gerace in un cenobio, accentuando l’austerità della sua vita. Ma anche qui non restò a lungo e dopo alcuni anni si ritirò in un luogo solitario vicino a Mammola, che presto anch’esso si trasformò in un famoso monastero di monaci greci. Nonostante i settanta anni passati nell’asprezza della vita ascetica, Nicodemo visse circa 90 anni, tantissimi per quei tempi e a dispetto della sua gracile costituzione fisica; morì nel monastero di Mammola, che prese poi il suo nome, il 25 marzo 990. I miracoli fiorirono sulla sua tomba e quindi venne proclamato santo, allora non c’erano tutte le procedure che occorrono oggi. Nel 1080 i Normanni trasformarono il piccolo oratorio con la sua tomba, in una grande chiesa, restaurando anche il monastero e concedendo privilegi e beni. Le reliquie furono poi traslate nella chiesa di Mammola nel 1580 che lo proclamò suo patrono nel 1630, fissando la festa liturgica al 12 marzo. I pontefici nei secoli successivi concessero particolari indulgenze nell’occasione della sua festa e altre celebrazioni. Il Comune di Mammola nel 1884 fece decorare artisticamente la cappella, una ricognizione delle reliquie è stata effettuata il 12 maggio 1922 nella coincidenza dell’inaugurazione della ricostruita e abbellita chiesa.




la festa che si celebra a marzo, a maggio e a settembre, è molto sentita dai mammolesi, e da tutta la gente del comprensorio, si fanno veri e propri pellegrinaggi al suo santuario presso il monte limina, poco distante dalla grotta in cui il santo andava a meditare.